Ugo Antoni

“Ugo Antoni è stato e resterà nella mente e nel cuore di chi ha avuto l’onore e il piacere di conoscerlo, una figura di altezza morale e intellettuale di primissimo piano; un pioniere del volo fra i più illuminati; un anticipatore di teorie che trovano conferma nelle attuali e più progredite applicazioni aerodinamiche; un gentiluomo dal volto sorridente e dal cuore sempre giovane che ispirava confidenza e simpatia a prima vista.”
(Ricordo del gen. B.A. Gabriele Casini, comandante la 46a Aerobrigata Trasporti Medi, in occasione della scomparsa di Ugo Antoni il 15 novembre 1967).

Ugo Antoni nacque a Pisa il 26 ottobre 1884 da Giuseppe e Vittoria Libera Fascetti. Trasferitosi in tenera età nella provincia, a Peccioli, dove il padre esercitava la professione di veterinario, il giovane Ugo visse a stretto contatto con la natura e proprio tra queste ridenti colline pisane iniziò ad interessarsi al fenomeno del volo. Aveva appena otto anni, quando dopo una lunga e attenta osservazione dei volatili, si costruì due ali rudimentali di canne e stoffa che si fece legare al torace dalla sorella Clara per buttarsi giù dalla sommità di un grosso fico. Il capitombolo che ne seguì… non lo scoraggiò, anzi proseguì con passione quasi morbosa nei suoi esperimenti, realizzando dei modelli “tutta ala” con i quali fece volare, e questa volta con successo, il suo primo passeggero: un ignaro gattino che aveva legato al centro delle ali.
 Questa prima fase della vita di Ugo Antoni è fondamentale per comprendere le sue successive realizzazioni, tutte ispirate al principio del moto esistente in natura. Ugo analizzò infatti non solo le ali dei pennuti, dei coleotteri e dei pipistrelli, ma anche le pinne dei pesci e perfino le membrane di certi semi che le piante abbandonano al vento per riprodursi molto più lontano. Si rese conto che c’era un legame tra loro, ossia una conformazione che, con le dovute differenze, risolveva la necessità del massimo rendimento con il minimo sforzo da compiere.

Terminato il servizio militare nella Guardia di Finanza a Sondrio, Ugo raggiunse il fratello maggiore Guido a Cagliari dove lavorava come disegnatore presso l’Ufficio Mappe Catastali. Fu assunto anche lui al Catasto e poté così rendere partecipe il fratello dei risultati delle sue lunghe ricerche. Insieme decisero che fosse giunto il momento di passare alla realizzazione pratica.

Appoggiandosi all’officina dell’ing. Cagnoni, costruirono una prima macchina ad ali battenti che battezzarono e brevettarono nel 1906 come “Volumano”. Le prime prove dettero risultati così incoraggianti che decisero non solo di potenziarla – accoppiando alle ali un aerostato fusiforme e successivamente un motore a scoppio – ma addirittura di lasciare l’impiego e di tornare in continente per cercare persone disposte a sostenerli.

Fu quindi scontato il loro ritorno a Pisa, dove era disponibile una rinomata Università presso cui vi erano ancora amici e compagni di studi sia del padre che dello zio. Guido, che aveva maggiore senso pratico di Ugo, si mosse per primo esponendo le loro teorie in Sapienza. I due fratelli trovarono subito l’appoggio del prof. Dario Bocciardo, titolare della cattedra di fisiologia, e di altri esponenti del mondo accademico come il prof. Aducco e l’on. prof. Angelo Battelli, che videro negli studi di Ugo la base di partenza per una serie di realizzazioni pratiche. Lo stesso cardinale Pietro Maffi, da sempre attento a qualsiasi innovazione scientifica, mise a loro disposizione la limonaia dell’Arcivescovado per impiantare una prima officina.

Successivamente ebbero modo di esporre le loro teorie dinanzi al Re, Vittorio Emanuele III, il quale concesse l’uso del Prato degli Escoli nella Tenuta Reale di San Rossore per condurre gli esperimenti sulle ali battenti e, poco più tardi, per costruire e collaudare il loro primo vero aereo. Era il 1907, anno in cui nacque a Pisa la prima società a carattere aeronautico, denominata dapprima Sindacato Nautico Pisano e poi nel 1909 Società di Aviazione Antoni. Ne facevano parte, oltre ai già citati esponenti del mondo accademico, numerosi cittadini che vi avevano investito i loro risparmi.

Punto focale della teoria di Ugo era la constatazione che l’ala degli uccelli, proprio grazie al suo spessore ma soprattutto alla sua elasticità, aveva una capacità portante e propulsiva, sia durante il battito che nel volo librato. Si trattava quindi di riprodurre meccanicamente tale fenomeno sulle ali degli aerei. L’inventore pisano non tralasciò tuttavia alcun aspetto del moto nei fluidi e nel 1908 progettò e costruì presso i Cantieri Gallinari di Livorno un originale modello di sommergibile, munito di pinne battenti come i pesci. Le prove ufficiali si svolsero a Livorno il 14 febbraio 1909 alla presenza di autorità nazionali e straniere con risultati lusinghieri.

Il monoplano Antoni “tipo 1911” progettato e costruito a Pisa dalla Società di Aviazione Antoni, in procinto di decollare dal Prato degli Escoli a San Rossore nel maggio 1911

Ma furono soprattutto gli studi sul volo degli uccelli che portarono Ugo Antoni a costruire insieme al fratello un’ala a curvatura e profilo variabili dietro comando meccanico del pilota che venne brevettata in tutte le principali nazioni, Stati Uniti compresi. Tale modello, via via migliorato, conferiva al velivolo una grande stabilità ed una grande sicurezza specie alle basse velocità, consentendo di decollare e atterrare in spazi brevissimi.

Nel maggio del 1910 i due fratelli pisani poterono collaudare così il loro vero primo aereo sul Prato degli Escoli a San Rossore per poi trasferirlo presso l’Aerodromo di Cameri, a Novara, per i collaudi ufficiali. I risultati furono incoraggianti, tanto che la Società di Aviazione Antoni decise di costruire altri velivoli di questo tipo e di dotarsi di un proprio campo di volo con relativa scuola di pilotaggio. Dopo vari sopralluoghi, fu scelta una vasta aerea di prato in località San Giusto in Cannicci, a sud della città di Pisa, dove nel giugno del 1911 sorse quello che sarebbe poi divenuto l’attuale aeroporto di San Giusto. Nel contempo la Società Antoni si trovò nella necessità di impiantare anche una propria officina, la prima di questo tipo realizzata a Pisa, non potendosi più appoggiare ai Cantieri Gallinari a causa del loro fallimento.

Nella nuova officina vennero costruiti i nuovi modelli di velivolo monoposto e biposto, tra cui l’eccellente “Modello 1912”, che consentirono alla scuola di pilotaggio di decollare. Il primo pilota a brevettarsi fu il pisano Armando Jacoponi il 26 agosto 1912, seguito da altri allievi, tutti istruiti dai “maestri aviatori” – come si diceva allora – della Società: Alfredo Cavalieri e Nino Cagliani.

A conferma dell’interesse suscitato da questo originale tipo di velivoli, la Società Antoni ricevette la visita ufficiale del ten.col. Cordero di Montezemolo che, per incarico del Ministero della Guerra, consegnò di persona l’ordine per due monoplani “Modello 1911”. Anche diversi aviatori, reduci dalla Guerra di Libia, si recarono sul campo di San Giusto per provare i monoplani Antoni, rimanendo tutti soddisfatti per le loro eccellenti qualità.

  Il”Modello 1912”, in particolare, si rivelò da subito un ottimo velivolo, tanto che i costruttori pisani pensarono di pubblicizzarlo attraverso un’impresa clamorosa che potesse compiere. Dopo aver pensato a vari raid, decisero di farlo volare da Pisa a Bastia in Corsica per tentare di battere il record mondiale di traversata marittima detenuto fin dal 1909 da Louis Blériot con la traversata della Manica. Ci avevano già provato, senza successo, l’americano Mc Curdy con un volo da Key West all’Avana conclusosi con un tonfo in acqua a circa due terzi del percorso, e il francese Edoard Bagué che perse addirittura la vita durante il secondo tentativo di un volo da Nizza alla Corsica.

L’impegnativo incarico della traversata venne così affidato allo spericolato Nino Cagliani, che il 9 ottobre 1912, con un superbo volo di un’ora e 43 minuti, atterrò felicemente a Bastia, polverizzando il precedente primato di Blériot. 

L’impresa ebbe risonanza internazionale e all’aviatore furono riservate trionfali accoglienze anche a Pisa. Non altrettanto ai due costruttori, che furono esclusi da qualsiasi festeggiamento senza ricevere alcun riconoscimento ufficiale, se non quello degli abitanti della borgata di San Giusto che donarono loro una medaglia d’oro a ricordo dell’eccezionale impresa. In pratica, il fronte “anti-Antoni” si era già messo in moto da tempo: a livello societario per estrometterli dalla conduzione dell’impresa e sfruttare commercialmente le loro realizzazioni, e a livello industriale per il pericolo che la diffusione del loro originale modello di ala rappresentava per gli altri costruttori. Prova ne fu la mancata omologazione del raid da parte dell’Aero Club d’Italia, a differenza dell’Aero Club di Francia che prontamente lo omologò, e il fallimento, dopo appena due mesi dal prestigioso raid, della Società di Aviazione Antoni.

Malgrado fino a quel momento i due costruttori pisani avessero potuto vantare una capace officina aeronautica, due ottimi modelli di velivolo immessi sul mercato, sperimentazioni aerodinamiche d’avanguardia ed una scuola di volo dotata di istruttori esperti, senza aiuti governativi la loro impresa non potè durare a lungo.
 La mancanza di acquirenti dei velivoli fu purtroppo una nota costante dell’attività societaria dei due fratelli pisani benché i loro modelli non avessero nulla da invidiare agli altri aerei dell’epoca, anzi, per certe soluzioni erano nettamente superiori.

A questo punto nella travagliata vicenda dei fratelli Antoni si inserì l’armatore genovese Francesco Oneto, che nel 1913 acquistò dal fallimento quanto c’era di utilizzabile della società, affidandone la direzione al più capace Ugo. Venne realizzato il primo velivolo biplano e riaperta la scuola di San Giusto, tentando con dei raid dimostrativi di risvegliare l’interesse da parte delle autorità militari. Degni di nota furono il volo Pisa-Isola d’Elba-Pisa nel 1914 in occasione delle celebrazioni napoleoniche, e il volo Pisa-Genova-Pisa con atterraggio e successivo decollo da una strada del Lido di Albaro.

Purtroppo neanche queste due imprese servirono per far acquistare qualche velivolo Antoni, poiché i responsabili militari del tempo anziché valorizzare prototipi nazionali si rivolsero sul mercato francese. A nulla valse anche il successivo tentativo dell’armatore Oneto di concedere all’amministrazione militare, a titolo gratuito, il terreno per impiantare una scuola di pilotaggio a fianco di quella già esistente a San Giusto, nella speranza che vedendo volare i velivoli Antoni e con l’approssimarsi ormai dell’entrata in guerra dell’Italia potesse nascere una proficua collaborazione. Anzi, fu l’inizio di una serie di screzi e di incomprensioni che portarono dapprima al divieto per tutti i piloti militari di provare i velivoli Antoni e successivamente alla chiusura d’autorità della scuola civile. Unica consolazione per Oneto fu quella di inserire la propria officina di Pisa nel gruppo di aziende fornitrici del Ministero della Guerra, ottenendo la riparazione e la costruzione su licenza dei velivoli francesi Farman e Blèriot.

Superate  non poche difficoltà, tra cui un incidente di volo a Forte dei Marmi che costrinse Ugo a letto per lungo tempo, i due fratelli ripresero a lavorare insieme sul campo di Coltano realizzando due nuovi interessanti velivoli: il biplano Antoni 25 e il biplano a cabina chiusa per trasporto passeggeri Antoni 26 che furono collaudati con successo dal celebre pilota fiorentino Vasco Magrini.

Ma anche questa volta, nonostante la stima e l’appoggio di personalità come Guglielmo Marconi e Gabriele D’Annunzio, i due velivoli rimasero allo stato di prototipi. Proprio il “poeta soldato” in una lettera indirizzata al col. Moizo scrisse a favore di Ugo: “…So che ella protegge e difende ogni sforzo condotto con piena coscienza ed alto favore. Le sarò grato italianamente se vorrà aiutare questo costruttore geniale a vincere i soliti ingombri.”

E di “ingombri” ce ne furono davvero tanti, non ultimo il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra i due fratelli fino a quando, nel 1926, Ugo, ormai esacerbato dalle continue azioni di Guido per appropriarsi delle sue invenzioni, abbandonò la SIBA proseguendo da solo i suoi studi ed esperimenti. Fu la fine di ogni rapporto tra i due fratelli che, dopo un ultimo quanto gelido incontro avvenuto a Roma nel 1944, non si videro mai più.

Purtroppo il sogno di Ugo di veder adottata la sua ala ebbe breve durata e al 33° volo il velivolo, ai comandi di un nuovo pilota inglese, andò distrutto contro un filare di alberi in fondo al campo di Brockwort. Proprio quel giorno era atteso il Ministro dell’Aria inglese per assistere alle prove…

L’inventore pisano gridò subito al complotto e lo stesso fece alcuni anni più tardi, quando il suo Breda 15, ricostruito e collaudato con successo a Guidonia (Roma) nel 1938 da Vasco Magrini e dal cap. Sergio Sostegni, scomparve nel nulla… sul campo romano.

Ugo però non si arrese e tentò ogni altra strada per dimostrare la validità delle sue invenzioni. Nel 1941 presentò tutti i suoi studi al direttore della società Siemens in Italia, ing. Michele Auteri, il quale ne informò tempestivamente la direzione di Berlino. Questa segnalò le invenzioni dell’ Antoni al Ministero dell’Aeronautica del 3° Reich che organizzò subito un incontro a Roma con un loro tecnico. Dopo aver visionato modelli e disegni, il funzionario inviato non ebbe esitazioni nell’affermare che la concezione Antoni era la più interessante e ben studiata tra le oltre cinquemila invenzioni che negli ultimi anni aveva esaminato. Propose ad Antoni di recarsi a Berlino, dove il Ministero dell’Aeronautica stava organizzando un convegno delle più importanti industrie costruttrici di velivoli, in modo da illustrare personalmente le sue invenzioni e concordare una immediata applicazione della sua ala sugli aeroplani di serie allora in costruzione. Tutto era pronto per il viaggio a Berlino quando il precipitare degli eventi bellici vanificò irrimediabilmente questa importante occasione.

Del carteggio con la Luftwaffe trovarono traccia poco dopo gli americani e lo interessò al punto che nell’immediato dopoguerra fecero più volte visita a casa di Ugo Antoni, fotografando e sequestrando disegni e documenti di ogni tipo.

Nel contempo il fratello Guido, resosi conto degli insuccessi a catena delle sue iniziative in campo aeronautico, pensò bene di dedicarsi ad altre attività e sfruttando la laurea ad honorem in ingegneria, soffiata ad Ugo…, divenne imprenditore edile a Firenze dove risiedeva.

Le ultime realizzazioni di una certa rilevanza del geniale Ugo Antoni furono invece nel campo della nautica, con esperimenti riusciti di navigazione subacquea nell’ambito della Mostra d’Oltre Mare di Napoli del 1954.

Quando però nel 1956 apparve sul mercato il caccia imbarcato statunitense F-8 “Crusader”, dotato di un dispositivo alare simile a quello da lui ideato, Ugo si ricordò delle visite fatte dagli ufficiali statunitensi presso la sua abitazione, protestando energicamente perfino con la Casa Bianca, ma senza ottenere alcun risultato essendo ormai scaduto il relativo brevetto.

 Su Ugo Antoni scese a quel punto, inesorabile, l’oblio e solo nel 1962, in occasione del cinquantenario del raid Pisa-Bastia, l’inventore venne ricordato almeno nella sua città, potendo tenere una lezione presso l’aula magna della Facoltà di Ingegneria a senato accademico riunito e presso il Comando della 46a Aerobrigata su quello storico aeroporto di San Giusto che aveva fondato nel 1911 con il fratello Guido.

 Qualche anno più tardi, il 15 novembre 1967 Ugo Antoni si spense nella sua abitazione di Sant’Angelo a Lucca, portandosi con sé quello straordinario bagaglio di entusiasmo e di genialità ma anche di illusioni e di amarezze che avevano caratterizzato la sua luminosa esistenza.